“terra” è il nuovo singolo della cantautrice Milena Paris, che anticipa l’uscita di un EP. Questo brano rappresenta la terra di mezzo tra l’unione e il distacco, il momento in cui tutto si fa confuso e prende sempre più piede la sensazione di allontanarsi da chi fino a quel momento era casa. “terra” è confusione, una ninna nanna onirica e dolcemente malinconica. Liricamente, trae la sua ispirazione da alcune pagine di sproloquio contenute nel secondo quaderno dei “Diari” di Vaslav Nijinsky, innovativo ballerino russo che fu presto vittima di squilibri psichici destabilizzanti.
Mi chiamo Milena Paris e non credo avrei potuto trovare un nome d’arte migliore o più vero del nome che mi ha dato mio padre. Cresco in provincia di Bergamo, mio nonno suona l’armonica quando vado a trovarlo e io finisco sempre per piangere perché quel suono è troppo stridente alle mie orecchie.
Sono una bambina che ama osservare e molto meno essere osservata, passo molto tempo tra i miei pensieri e fantastico. A scuola sono bravissima, sono così brava che la maestra fa sempre vedere ai miei compagni i miei quaderni come esempio da seguire. Nessuno in famiglia è musicista ma mia madre canta molto e molto bene, pur non avendo mai studiato. Suo fratello è come lei. Passo tanto tempo con la mia famiglia e molto tempo nella natura in montagna dai nonni.
Crescendo, stringo un rapporto molto solido con una mia compagna di scuola che ha un pianoforte a casa e si diletta nel suonarlo. Mossa dal desiderio di suonare insieme, mi faccio prestare una chitarra per fare alcune lezioni di prova per poi chiedere ai miei genitori di acquistarmene una. Con la chitarra in mano inizio molto presto anche a cantare. A 13 anni faccio il mio primo concerto con la band in cambio di pizza e coca cola e sono così entusiasta che sogno di fare questo per tutta la vita. Ho così tanta voglia di esprimermi da non accorgermi che il mio canto è un po’ sguaiato, sgolato, dò tutto senza troppo controllo. Ascolto molto rock e molti cantanti uomini e mi viene istintivo imitare quella vocalità più dura e rauca a tratti. Rinnego la mia femminilità e non conosco la mia voce.
L’attività di mio padre, in crisi da tempo, ora fallisce. Non abbiamo soldi. In famiglia accadono tante cose e io al liceo sono molto distratta, quasi ogni anno rischio la bocciatura nonostante le mie potenzialità. È faticoso per me concentrarmi sui compiti al pomeriggio e studiare, trovo ogni scusa per impegnarmi a fare altro: la prima band, suonare nell’orchestrina della scuola, frequentare la lezione di canto e di chitarra, iniziare a scrivere canzoni. Cantando e suonando mi eclisso.
Dopo il liceo decido di iscrivermi all’università per studiare lingue e letterature perché non credo si possa vivere occupandosi di sola musica, mi è stata inculcata quest’idea, quindi scelgo il percorso di studi che mi sembra più facile per quelle che sono le mie inclinazioni, amando io la parola e passando tanto tempo a tradurre i testi delle canzoni che canto. Frequento un corso di teatro perché ho troppo bisogno di esprimermi attraverso una forma d’arte. Non studio più canto con un’insegnante ma tra me e me dò ancora molto spazio alla musica.
Dopo la laurea iniziano i primi colloqui di lavoro, lavoro vero, non quei lavoretti che avevo fatto durante gli anni universitari per avere il mio gruzzolo a cui attingere. Lì mi sento soffocare, mi bastano pochi giorni per sentire una voragine nel cuore, sentire che mi sto perdendo e trovare il coraggio di ammettere a me stessa che nella mia vita la musica è al primo posto. Quindi decido di buttarmi a capofitto in una visione professionale. Mi iscrivo ad un’agenzia musicale per cui vado a suonare in diversi hotel della Svizzera, canto 5 ore al giorno tutti i giorni anche per un mese. Poi mi iscrivo in Conservatorio a Milano, passo l’esame di ammissione ai corsi di jazz per il rotto della cuffia perché quella musica non lo conosco veramente. All’epoca del mio ingresso in Conservatorio per me il jazz equivale a Frank Sinatra e non a tutto quello che avrei imparato nei 5 anni a seguire. Sono indietro rispetto ai miei compagni di corso e ingrano la marcia per stare al passo. Recupero le mie lacune e sono sempre molto attiva, partecipo alle audizioni, vengo inclusa nelle rassegne. Mi apro a questo genere musicale che mi dà moltissimo e mi allontana da certi punti cardine della musica pop.
Inizio a frequentare molto la città, a lavorare nelle scuole e a suonare in giro, quindi dopo un po’ mi trasferisco. Canto in diversi contesti e con diversi ensemble, studio repertori diversi fra loro e affascinanti. Imparo a gestirmi in moltissime situazioni. La musica mi fa conoscere tante persone, mi fa viaggiare, mi fa vivere esperienze intense e inaspettate. A volte ti ritrovi dopo un concerto a parlare per ore con una persona che non conosci e che non incontrerai mai più ed è bello così.
Nel 2020 mi diplomo in Conservatorio ma il lockdown mi distrugge emotivamente, sono lontana dalla mia famiglia che sta a Bergamo e sono preoccupata per mia madre che lavora in una casa di riposo con malati. Quell’estate mi trovo un lavoretto aggiuntivo perché la musica si ferma per mesi. A fine anno ho voglia di sollevarmi lo spirito e pubblico un brano a cui sono molto affezionata. Mi muovo in modo totalmente indipendente e investo tantissimo tempo in questo progetto perché per la prima volta mi sento pienamente rappresentata da un brano che ho scritto. Sono nota per essere una perfezionista e quindi per non essere mai contenta. Ma questa volta sono felice e si vede. Lavoro con la musica, suono e insegno e stringo rapporti viscerali con persone che conducono una vita simile alla mia.
Durante gli ultimi anni inizio a scrivere in italiano, una lingua molto più ricca di sfumature. Scrivo brani che raccolgo poi in un EP, parlo della complessità delle persone e dei rapporti tra le persone. Trovo la mia dimensione musicale, a metà strada tra il pop e il jazz moderno, con un’attenzione particolare alla parola e alle sonorità più evocative. OLTREMARE è un lavoro intriso di sentimenti e di sfumature. Parlo di sentimenti perché le nostre azioni vengono dai sentimenti. Vivere è agire ma scegliamo come farlo in base a ciò che sentiamo e questo EP mi permette di abbracciare tutto quello che ho sentito negli ultimi anni.