5 tra i migliori dischi del 2024, alcuni non li avete mai sentiti nominare

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Tempo di somme e di traguardi, siamo ormai agli sgoccioli di quest’anno complesso e super denso di uscite. Tra queste non è stato per niente facile trovare quali fossero le migliori, quelle che ci hanno convinto a tenere l’abbonamento di Spotify attivo e che ci hanno fatto fare bella figura quando abbiamo parlato con i nostri amici di nuove uscite, scena underground e nomi sconosciuti. Noi di Lost In Groove abbiamo ascoltato musica per un anno, per un altro anno, ne abbiamo ricevuta tanta, tantissima, e non potevamo che riportare con voi le conclusioni a cui siamo arrivati.

Quali sono stati i 10 migliori dischi di questo 2024?

“Isobel” di CASX

La cosa che più ci sorprende di CASX (che si legge Casper) è la sua iper produttività, come se fosse un sottotesto costante della scena musicale, un rumore di fondo che invade Milano e ci tiene compagnia, in questa ossessione di smog e fretta. Il suo è un tunnel di oscurità, una coperta di oblio in cui è dolce farsi accogliere e che non perdona. “Isobel” è un po’ questo: la nostra adolescenza, i nostri capricci, le nostre serate infinite alle medie a guardare i film di Tim Burton, stancarsi della routine, la famiglia, dell’essere un’adolescente inevitabilmente brutta e piena di brufoli, in realtà, ovviamente bellissima, ma lo scopriremo, come tutti, solo compiuti i 30 anni. Quello di CASX è un manifesto generazionale oscuro, un romanzo di formazione che Goethe avrebbe apprezzato, un manuale di stregoneria bandito da Hogwarts e, uno dei dischi più belli che ascolterete quest’anno (e anche il prossimo): dai Cure a l’emo urban di questi tempi, dai Piccoli Brividi a Stephen King, dalle cinture con le borghie ai ritrovi in Colonne, passando per il tempo in cui tutto ciò è diventato improvvisamente cool.

“Hyper swag” de LA PSICOSI DI OTTOBRE

Lo ammetto. Ho un debole per questi progetti musicali che non sembrano avere nè capo nè coda: una programmazione, uno storico, una strategia. Questi dischi compaiono dal nulla, hanno di solito vita breve e rimangono belli saldi nell’immaginario di chi vive di dischi sconosciuti. La Psicosi Di Ottobre, che l’ufficio stampa mi conferma già non avere un seguito, è un progetto che propone addirittura un nuovo genere musicale: ossessivo, oscuro, ballabile, un club sull’asse Tokyo / Berlino, dove gli anime si combinano con la techno, la perversione sessuale con il gioco, il punk con la dance. Un miscuglio unico che probabilmente dovreste proporre agli amici, sul finire della festa, per risollevare una macchinata, una conversione sul finire o anche solo una curiosità che prima non aveva mai avuto una risposta: “Esiste ancora qualcosa che possiamo ascoltare, e che non assomiglia a nient’altro?”. E la risposta è proprio qui.

“Noi che viviamo in un mondo perfetto” di CASPIO

Quest’anno è arrivato anche un capitolo definitivo da CASPIO: il disco che ci avrebbe salvato la vita, se lo avessimo ricevuto da adolescenti. Reduce da un’esperienza tutta minuscola di synth e anni Ottanta, oggi ritroviamo Giorgio in una nuova veste, tutta maiuscola, di chitarre e anni Novanta. Un nuovo manifesto generazione che sa di provincia, di nebbia, di sentimenti non corrisposti, di noi che finiamo una scuola per iniziarne un’altra, per finirne un’altra e andare a lavorare, che poi è come andare a scuola. La routine che uccide, la rassegnazione, il rock che ci sporca da dentro, senza che gli altri possano vederli, un’oscuro segreto che solo noi darkettoni di quartiere possiamo capire. Un disco bellissimo per chi ha segreti che non sono segreti, ma solo una pesantezza impossibile da condividere con nessun altro, se non alzando al massimo il volume. Uno dei dischi migliori dell’anno, il vostro segreto su Spotify per affrontare l’ennesimo e normalissimo lunedì.

 

“Fantasmi a parte” di KUBLAI

Quest’anno è tornato anche Kublai, nome che abbiamo già apprezzato nelle sue tante forme, ma ciò che ce lo ha fatto amare ancora una volta in questo suo, piccolissimo, disco, è la sua assenza. Kublai si è spogliato di ogni strato, fino ad arrivare ad un’essenza – a partire anche dalla copertina, dove c’è tutto, tranne lui. É una metafora, un mettersi a nudo, un togliersi la maschera elettronica che lo aveva contraddistinto nel suo album di debutto omonimo, un regalo di Natale non scontato: questa nudità musicale, estetica, e personale. In questi due brani, Matteo Manzo ci racconta ciò che non c’è più, il desiderio di ciò che assente, il notare ciò che evapora: una chitarra, gli amici, Natale, l’amore quello più banale e becero che quasi fa imbarazzo, e che qui si condisce del calore delle feste. Bellissimo, anche non a Natale!

“Live in Arezzo” di GALAPAGHOST

E oggi vi presentiamo anche Galapaghost, un outsider della scena musicale. Un americano, trapiantando nella provincia piemontese per amore, che parla un italiano squisitamente imperfetto e che si porta dentro un’esperienza live non indifferente, come turnista e cantautore, che la maggior parte dei nomi qui sopra citati non ha, e questa cosa, questo mestiere, traspare e si consolida in un meraviglioso album live, registrato a suo insaputa durante un concerto ad Arezzo. Immaginatevi un salotto, brusio che diventa silenzio, e silenzio che diventa accoglienza, qui Casey si racconta sviscerando sulla chitarra tutta la sua vita, in particolare nel brano “Test Stick Uhaul Her Can, Sir?“, dove viene raccontata l’esperienza drammatica con il cancro. Un concerto incredibile e intenso, che per fortuna qualcuno del locale (il Malpighi Sofa) ha deciso di registrare, che oggi diventa il nostro concerto preferito, che si può ascoltare in loop.

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