Live Report: Frequency Festival 2019 – Day 1

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L’edizione numero 19 del Frequency Festival  di St. Polten apre le danze, nel vero senso della parola, con una band proveniente dal Südtirol, ovvero gli Anger.
Il duo, in realtà trio per la presenza di un batterista, è formato da Julian Angerer e Nora Pider e, dopo essersi trasferiti a Vienna, hanno rilasciato il loro EP di debutto che prende il nome di “Liebe&Wut”.

La band propone un Pop con base sperimentale e ricco di atmosfere danzerecce e di elettronica che sono presenti anche nella parte vocale della coppia.
Alle volte nostalgici, altre volte divertenti, gli Anger sono la prima piacevole rivelazione di questo festival e, in seguito, potete trovare la mia intervista con loro, dove ci raccontano di più sulla loro musica.

Dopo il live veloce, perché gli orari vengono pienamente rispettati, è il turno dei Please Madame. Esattamente un anno dopo avviene nuovamente il mio incontro con la band di Salisburgo e le emozioni sono completamente differenti: il cambiamento nel live c’è e si percepisce con tutti i sensi.
Il loro pubblico, sempre abbastanza giovane, viene catturato da un vortice costituito da differenti generi musicali e da una scenografia stellare, nel vero senso della parola.
Le sonorità proposte da Dominik Wendl, frontman della band, e soci varia da una Indie Rock spietata e veloce, molto vicina a sfumature Punk, a tonalità molto ’80s, con influenza Queen,  presenti nell’intero arrangiamento.
I vocals, i ritmi e le melodie sono cangianti all’interno dello stesso brano e questo rende il live dei Please Madame mai banale e, anzi, sempre innovativo e molto più distante dalle influenze primi-Foals e Friendly Fires, di cui colsi qualcosa nel loro precedente live: gli occhi e le urla di approvazione della audience sono tutti per loro.
I Please Madame, insomma, hanno trovato la loro strada, quella di cui mi parlarono proprio un anno fa, e direi che sia quella giusta.

Dopo una piccola pausa e l’indecisione tra chi andare a vedere,  è il turno di un’altra band, attiva dal 2014 circa, ovvero i Leoniden: ho preferito questi alle qualità particolari e innovative di Billie Eilish.
La band tedesca è formata da: i fratelli Lennart, alla chitarra, e Felix Eicke, alla batteria; Djamin Izadi ai synth; JP Neumann al basso; poco dopo, sempre dall’anno sopra indicato, si è unito alla band Jakob Amr, alla voce.
Nel 2017 esce il loro esordio omonimo che fa il botto, dato che la stampa tedesca reputa questo debutto come uno tra i migliori dell’anno.
Se si dovesse descrivere questo gruppo con una sola parola, questa sarebbe “selvaggio”: i Leoniden sono un branco di musicisti spietati e travolgenti.

La loro è una Indie Rock caratterizzata da alcune sfumature più sperimentali (ci sono i synth), da sezioni ritmiche, costruite da basso-batteria, piene e feroci, da voci quasi aliene (falsetto compreso) e da melodie che si infrangono tra di loro: la loro musica è un continuo incontro-scontro di arrangiamenti, anche se i loro brani vengono eseguiti in maniera intelligente e diligente da sembrare veri e propri inni.
Un sing along continuo invade l’area del Weekender Stage (il palco più “indie” e delle rivelazioni del festival), fino a quando non si segue il consiglio del frontman e la audience si spacca in due parti ben distinte, a destra e a sinistra, e parte lo scontro tra i corpi sudati del pubblico dovuto alla follia esuberante dei Leoniden.
Salti incredibili; danze sfrenate; strumenti che prendono vita e diventano una cosa sola con i loro esecutori (il bassista lo sa bene); Jakob, il frontman, che si ritrova tra il pubblico a tamburellare con i presenti, per poi fare crowd surfing per ritornare sul palco; abbracci sinceri; la spensieratezza; l’impossibilità di riuscire a stare fermi anche solo per un secondo: ecco cosa riesce a combinare questa band in un’ora di set.
L’indie rock dura e pura, quella più sfrenata e divertente, quindi è viva e vegeta: basta solo seguire una band come quella dei Leoniden.

Ai festival, alle volte, occorre rinunciare a qualcosa o ad altri concerti in contemporanea. Non appena esco dal concerto del gruppo di Kiel, si sente una voce pop femminile parecchio pulita: è quella di Billie Eilish.
Riesco giusto a sentire due canzoni della giovanissima artista di Los Angeles e mi viene da pensare che, probabilmente, ho fatto la cosa giusta a seguire il delirio della band sopra descritta.

Un’altra scelta azzardata, per il genere da me seguito, è quella per i Sunrise Avenue, band finlandese con alle spalle 6 album e almeno una quindicina di anni di carriera.
La band si dedica principalmente a un Pop efficace, in grado di catturare un pubblico parecchio giovane (ricordo che gli headliner della serata sono i Twenty-One Pilots), con un lato più folk in pieno stile americano, forse anche per il loro abbigliamento.
La voce del frontman, Samu Haber, è in grado di variare da un genere all’altro, passando da un vocals più pieno e, appunto, folk southern rock a uno più morbido e tipico da ballate.

A terminare la serata, come già anticipato, ci saranno i Twenty One Pilots.
Il duo dell’Ohio si presenta al Frequency sold out, unicamente per loro (si parla di 3-4 ore per riuscire a entrare all’interno dell’area festival), e verrà accolto con calore e fin troppa empatia.
Non essendo un genere da me trattato, c’è da dire comunque che Tyler Joseph (tastiera e basso) e Josh Dun (batteria) dimostrano di essere degli strumentisti strepitosi: potrebbero benissimo dedicarsi a un genere meno da ragazzini, meno superficiale, in favore di  un rap-reggae-pop – generi che compaiono nel corso del live tra l’altro- decisamente dalle note più innovative e sperimentali.
Tuttavia, il duo sa bene quello che vuole il pubblico e la audience del Frequency viene completamente catturata da quest’esibizione abbastanza “furba” e diretta.

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