Siamo ormai agli sgoccioli del 2024, ed è tempo di tirare le somme. E forse potrò anche arrivare a fare una classifica degli album più belli di quest’anno così abbondante, ma se dovessi parlare con la pancia, non posso che citare il primo disco degli Agua Y Agio, come il disco più bello dell’anno. Mi ha fatto compagnia durante una macchinata particolarmente intesa, di quelle che solo Milano sa regalare, imbottigliato, bloccato, e incredibilmente stavo così bene, con questo mix incredibile di influenze, lingue e generi che si attacca alla pelle e, non c’è storia, fa ballare.
La cosa che più fa rabbia è che dischi come questo se ne stanno belli nascosti, e quando ne parli con i tuoi amici devi quasi convincerli a crederti su quanto meraviglioso sia un disco che non hanno mai sentito nominare e che è uscito timidamente senza far casino. Un disco come “Milalma” ha una valenza quasi politica, perchè si fa portavoce di una scena musicale indipendente e nascosta, quella senza etichetta, senza ufficio stampa, senza troppi blabla e che si affida un po’ al caso: se ci sbatti la faccia allora sei fortunato (ed eccomi qui, il fortunato!) e ti stai ascoltando un disco meraviglioso, in caso contrario rimarrai all’oscuro di tutta questa bellezza.
Un disco che suona come un viaggio dall’altra parte del mondo in pieno dicembre, è stato come preparare una valigia con costume da bagno e crema solare, quando fuori sei nel cuore della pianura Padana e ci sono cinque gradi. Una vacanza lontana, in Sudamerica, una cena tra amici che diventa improvvisamente una festa epica, alcolica, con gli studenti Erasmus che abitano nell’appartamento di fianco e che si imbucano malamente. C’è una formazione jazz che si contamina di rap e latin, un disco che si balla con le scarpe da sola, ma che si può anche assorbire abbracciando una cassa ad un rave. Non si può descrivere, se non come un disco che mette di buon umore, che ti fa fare una coda in macchina con un sorriso sfacciato sulla faccia.
Gli Agua Y Agio sono la mia personale scoperta di quest’anno, il mio nuovo rifugio. Basteranno le prime note di “A Mi Manera” per mandarmi dritto in Messico, anche sono tristemente ancorato ad una scrivania. Dei folli che hanno studiato musica, e anche tanto, e che rendono tutto incredibilmente sfacciatamente orecchiabile e trascinante. Forse dovreste ascoltarlo, e consigliarlo agli studenti stranieri con cui condividete il pianerottolo.