Bravo Gesù Roger: quei casinisti festaioli della porta accanto, incredibilmente virtuosi

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Quando ci siamo imbattuti nei Bravo Gesù Roger quasi non volevamo crederci: un disco diverso, un disco fatto per il puro gusto di fare musica, e non per rincorrere chissà quale ideale per rientrare in chissà quale casella giusta dell’algoritmo. I Bravo Gesù Roger sono quei vicini casinisti che non sopportate, quelli che sono studenti fuori sede e che cucinano tutto il tempo, e fanno sempre tutto agli orari sbagliati: cucinare alle cinque di mattina, spaghettate di mezzanotte, festone in settimana e un sacco di musica, tutta incomprensibile. Immaginateveli proprio così, pieni di burro e pacchi da giù, le reminescenze di un corso avanzato di chitarra jazz, e scatoloni di dischi rock ascoltati in adolescenza, la voglia di riempire casa di gente inverosimile, di fare un gran casino e… anche un gran bel disco.

Burro es gergo va” è il disco di debutto di questo gruppo sopra le righe e senza paragoni, un disco che sembra fatto alla vecchia maniera: in una sala prove sudata, alle ore piccole e rigorosamente e leggermente alcoliche. I Bravo Gesù Roger hanno background diversi, e questa cosa crea un divertente di estraniamento, come quando ci troviamo ad una festa con un outfit sbagliato, decisamente sbagliato, ma nessuno sembra accorgersene. Ed ecco che il jazz entra prepotente nella stanza, con quel buffo cappello, pronto a divertirsi in questa sagra di paese, dove si mangia bene, e sul palco c’è una band eccessivamente virtuosa.

Un disco di debutto che frigge le trombe d’eustachio con tormentoni spregiudicati, riffoni tricefali, rime, assonanze, onomatopee, allitterazioni, e quella giusta dose di follia che garantisce un sonno agitato e un risveglio su un pavimento di marmo e grappa. E la cosa che colpisce di più è che non c’è modo di descriverlo, e che non ci sarà metafora più difficile da portare avanti per farvelo figurare: bisogna ascoltarlo, per la migliore delle vostre feste in casa o per un’energica sessione di pulizia casalinga. Quindi forse, quando non ne potrete più di arrosti e cappelletti, e i vostri amici vi stanno per raggiungere per un post Natale da urlo, avete già il disco giusto da proporre: unto, bisunto, pantagruelico, denso di suoni e di influenze, pazzo come quei tre che l’hanno fatto.

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