“Senza Eredità”, uscito la scorsa settimana, è l’ultimo disco di Moltheni, dopo una pausa dal progetto durata undici anni. La nostra Elisa Gasparoni ha raggiunto Umberto Maria Giardini per fargli qualche domanda.
Il periodo che stiamo vivendo al livello globale, non mi ha influenzato minimamente, anche per il fatto che a gennaio del 2020 l’album era già concluso.
Il motivo essenziale che ci ha spinto a produrre questo lavoro, è stata la necessità di chiudere definitivamente un cerchio rimasto aperto, causa tutti queli brani reclamati dai fan, che non furono inclusi in nessun album della carriera di Moltheni dal 1998 al 2010, anno del suo scioglimento.
Ho tanti ricordi legati alla carriera di Moltheni, ma fanno parte di un passato per certi versi anche dimenticato, quindi ho ricordi nitidi e vaghi allo stesso tempo. L’album è il risultato di una ricerca durata circa due anni, dove l’aiuto di Nica Lepira e Massimo Roccaforte sono stati determinanti. Grazie a loro ho ritrovato tanto materiale apparentemente perso e dimenticato, da lì poi è nata l’idea che ha preceduto la selezione, il completamento e la produzione del finale materiale rinvenuto. Ho convocato tutti coloro che ebbero a che fare con Moltheni, escludendo purtroppo alcuni amici che a causa della pandemia non si sarebbero potuto spostare, come Pietro Canali, Maurizio Iorio e Fabio Petrelli. Un lavoro molto lungo, ma piacevole con un risultato che alla fine ci ha dato ragione in ogni sua sfaccettatura.
C’è semplicemente la voglia di fare le cose come le so fare, avvalendomi e aiutandomi della tecnologia solo per ciò che serve. Non mi considero una persona così nostalgica come sembro, sono solo affascinato da tutto ciò che appartiene al passato, perchè mi piace, mi stimola e mi aiuta ad evitare cafonate. Oggi la rete e la tv spazzatura dilagano, sento necessario riportare se non altro nel lavoro, tutto nella giusta collocazione. E’ un gesto d’amore verso il vero significato delle cose belle, delle cose a cui tengo.
Tutto è vero, tutto è inventato. Non esiste una linea prima e oltre la quale mi sposto nella mia scrittura. Tutto è per me fonte di ispirazione, ciò che accade, ciò che è accaduto, ciò che accadrà. Ognuno di noi deve ascoltare, leggere, pensare, tradurre e vivere assieme alla musica che ascolta.
Non è ho la più pallida idea. Non vado mai a ritroso a pensare quello che avrei potuto fare, non ci riesco è di sicuro un mio limite. “Senza eredità” non poteva avvvalersi in maniera diciamo “importante” di un ospite, poichè ripesca ciò che era stato dimenticato sì, ma di estremamente personale, Moltheni DOC.
Sono due universi molto distanti, se pur apparentemente simili. La scrittura dei testi è la stessa e proviene dalla stessa persona, tuttavia non è sufficente per renderli confondibili. Tutto il contesto artistico che ruota attorno ai miei progetti è estremamente diverso. L’unico denominatore comune è il marchio di fabbrica, ma ciò che determina le caratteristiche di un progetto da un altro, sono tanti elementi, spesso invisibili agli occhi dell’ascoltatore. Il suono, i musicisti, le emozioni che si vogliono trasmettere e tutta una sorta di energia diversa, che esiste e si materializza in modo estremamente diverso. Quando scrivo per Stella Maris sono io, ma sono immerso nel mondo di Stella Maris e in nessun altro.
Non ho soluzioni e se le avessi non sarei credibile. I musicisti sono una categoria sopravvalutata in Italia, si crede che abbiano la verità in tasca e le soluzioni a tutti i “veri” problemi della società, ma così non è. Guardo all’orizzonte del futuro e attendo in silenzio, composto. Credo sia quello che dovrebbero fare tutti continuando a vivere, ma con la convinzione e con la consapevolezza che, solo cambiando potremmo sopravvivere. Pensiamo e ci facciamo condizionare dalla rete, dalle sciocchezze della televisione trash e da un giornalismo sempre più bugiardo. Bisogna trovare stimoli e migliorare, facendo qualche passo indietro, guardando alla cultura come qualcosa di necessario, come qualcosa di indispensabile e benevolo.