Raramente sono stata così impaziente di ascoltare un disco di un cantautore italiano come è successo per il disco di Lucio Corsi. Fin da quando l’ho conosciuto, un anno fa circa in apertura ai Baustelle, mi ha decisamente rapita con la sua peculiare creatività, con la sua semplicità di raccontare favole di una dolcezza infinita ma con metafore e scene degne delle migliori graphic novel. Lucio Corsi, giovane ragazzo della campagna grossetana trapiantato nella metropoli milanese, riesce nelle sue canzoni a portarsi dietro entrambi i tratti della sua vita: unendo la semplicità e la veracità della campagna, trattata però in modo elegante, raffinato e caratteristico, riesce a creare la perfetta accoppiata che risulta decisamente attraente se consideriamo anche la figura che si è creato Lucio: un piccolo folletto, un’anima magica che con le sue scelte stilistiche (dovute anche all’ormai stabile sodalizio con l’alta moda italiana), ci ha riportati sicuramente indietro a quella gioia frizzante e provocante del glam rock.
Il nuovo disco di Lucio Corsi, (dopo più due anni dal precedente) in uscita questo 17 Gennaio per Sugar Music e Picicca Dischi, con la produzione di Francesco Bianconi (Baustelle) che ha curato anche gli arrangiamenti dei brani, è stato anticipato da due singoli: “Cosa Faremo da Grandi” e “Freccia Bianca” uscito quest’ultimo lo scorso 9 gennaio; così vicino alla data in cui la musica tutti gli anni ricorda il David Bowie, uno dei primi a cui ho pensato al momento dell’ascolto del singolo che con il ritorno delle inaspettate chitarre distorte non può che rimandare con un sorriso sulle labbra al Bowie di “Rebel Rebel” o “Changes”.
La copertina è stata affidata ancora alla madre dello stesso Lucio che, come per i vecchi dischi, attraverso gli acquerelli ci racconta almeno un personaggio fondamentale cantato in un brano del figlio.
La prima traccia del disco, nonché primo singolo, è stato presentato con un video che ci racconta il legame di Lucio con la sua terra, con il mare e con la fantasia stessa con cui ama rappresentare la natura che ormai gli è affine. “Cosa faremo da grandi”, è la perfetta traccia di apertura: apparentemente leggera, poetica e narrativa, ma che in realtà dietro a un ritornello che superficialmente descriveremmo come “orecchiabile” racconta di un mistero che decisamente può risultare incredibile. Si chiede Lucio: “ Di cosa sono fatte le conchiglie?” E risponde a questo interrogativo in modo scherzoso presentandoci le figure di pescatori e abitanti di quelle che sono le sue terre forse, cercando di dirci che vista la nostra incapacità di essere veramente grandi conviene dedicarci attività giovanili, alla gioia e alla serenità che poteva avere quella donna che “ ha dipinto le conchiglie sull’Isola del Giglio”.
Seconda traccia, probabilmente quella che meno mi sarei aspettata: glam rock anni ’70 con tastiere anni ’80, questa volta il protagonista è Freccia bianca e la storia raccontata è quella di di un viaggio, probabilmente in treno, che risale la Penisola e che come un filato ci racconta pezzi di paesaggio e le differenze di vita tra quella di una realtà vivace, unita e quella di una grande città in cui l’esser a disagio può farsi sentire.
Altre tracce a cui mi sono sentita subito legata sono state: “Trieste” e “Amico vola via”, entrambe in grado di presentare dei diversi punti di vista, diverse sfumature delle vicende che permettono di essere “sereni” anche in situazioni che ci viene comune considerare degli ostacoli. “Trieste”, racconta del vento che per quanto sia forte non sia “un freno ma una spinta”, una spinta per coloro che non ce la fanno da soli, un incentivo che tutti dovremmo avere per riuscire a vedere davanti a noi sempre qualcosa di sereno, morale accompagnata da una parte strumentale di piano e archi che delineano un quadro da sogno.
“Amico vola via” invece può essere una critica a una mentalità chiusa che viene rappresentata da Lucio attraverso un nuovo, giovane e sottile Icaro a cui però non è il sole questa volta a sciogliere le ali di cera, ma la mentalità chiusa di molti che spesso tendono a tarpare le ali di chi vive in modo fantasioso. Voce e chitarra acustica Lucio Corsi, che con semplicità ci fa sognare e godere di una fine bellezza che ci trasporta di scena in scena facendoci fare un viaggio fino alla Cina come succede in “Bigbuca”.
Insomma un disco caratteristico, sensibile e vivace e ottimista, perfettamente in linea con la vita e il luccichio della figura di Lucio che per quanto esile riesce a tirare fuori in ogni pezzo tutto il suo cuore e gli elementi a cui è in modo indissolubile legato.
Track list:
Cosa faremo da grandi
Freccia bianca
L’orologio
Trieste
Onde
Senza titolo
Amico vola via
Bigbuca
La ragazza trasparente