Recensione: Stati Mai, il primo album di Le Lame

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A volte non siamo noi a scegliere la musica, è la musica che sceglie noi. È questa l’impressione che ho avuto ascoltando Stati Mai, il primo album studio di Le Lame, una band emergente fiorentina composta da Corso Civolani, Filippo Bandinelli, Oscar Gigli, Edoardo Morandi, Alessandro degl’Innocenti.

Da sempre amo l’indie rock e la dark wave principalmente straniera – perché in effetti, alcuni nomi del passato a parte, questo genere difficilmente è reperibile per progetti attuali, e da sempre mi sono chiesta se ci fosse qualche sporadico caso di nuove band di questo genere. E finalmente, dopo diversi anni, per una serie di coincidenze, è comparsa come un fulmine a ciel sereno la band chiamata Le Lame, la quale, come letto da alcune interviste al gruppo, ha questo nome da un’emozione pervenuta al cantante Corso Civolani che si trovava proprio nei pressi di Porta Lame a Bologna.
Il disco, soprattutto per chi come me già simpatizza molto per questo genere (i musicisti stessi hanno affermato di prendere spunto dagli Interpol e dagli Editors – soprattutto quelli dei primi due album, mi verrebbe da specificare) e per le vocalità profonde e intense, è una vera e propria chicca: scorre molto fruibile e non annoia per nessuna traccia.
C’è potenza ma anche introspezione, energia e una particolare profondità nei testi, nella voce, nelle atmosfere.

Apre l’album Ci siamo sempre, che è anche un singolo con videoclip; l’altro singolo con video è Tu che ne sai di me. Entrambi sono dei brani alternative rock con anche però una leggera venatura pop. Una menzione speciale va anche a Manca Fantasia, che è anche brano contenuto nell’omonimo primo EP (che, fra l’altro, vi consiglio di ascoltare perché sono presenti altre tracce molto valide le quali non sono state incluse nell’album).

Le canzoni, come accennavo prima, si susseguono in modo molto fruibile e comprendono una buona dose di energia e intensità; mi colpisce comunque non solo il suono, ma anche la voce del cantante dal timbro baritonale, la cui interpretazione è particolarmente intensa, a tratti con notevole pathos. In particolare, il brano finale, Cantieri, presenta una gran parte composta dal solo incontro di piano e voce, e chiude l’album con una buona dose di romanticismo e malinconia, ma di quella piacevole, che appunto ti fa stare meglio. Un disco da apprezzare comunque nella sua interezza, specialmente per gli amanti della wave e dell’alternative rock, ma più in generale per chi volesse ascoltare qualcosa di diverso da ciò che normalmente viene passato dalle radio, delle canzoni con testi particolarmente profondi e melodie accattivanti e mai banali.

I brani, come suggerito dagli stessi componenti del gruppo, sono davvero catartici: si parla di dolore, di amori sofferti, un po’ anche di sociale (ad esempio Supermercati), ma la sofferenza, sotto ogni forma, non è sprecata, anzi, fortifica. E brani come questi sono una buona strada per immedesimarsi e stare meglio.

E sinceramente noi non vediamo l’ora di stare meglio potendo apprezzare i brani anche dal vivo, tenendo d’occhio la loro pagina Facebook per le date.

TRACKLIST

Ci siamo sempre

Supermercati

Vedo solo te

Le fabbriche di attesa

Tu che ne sai di me

Pioggia di colori

Manca fantasia

Forza di gravità

Non digiunare mai

Cantieri

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