Rêve-olutiòn! è un concerto.
Anzi no, è uno spettacolo.
Anzi no, è una performance.
Probabilmente è tutte queste cose insieme.
È una festa politica, una performance musicale all’insegna del gioco e del sogno come atto liberatorio e rivoluzionario. La voce e lo sguardo saranno quelli di una creatura un po’ bimba e un po’ selvatica, che muove i suoi primi passi nel mondo: Navëe. Il suo viaggio incontra diversi pianeti: dalla costellazione dei canti partigiani e delle testimonianze politiche, fino all’universo pop di icone come Britney Spears e Billie Eilish. Un ritorno a Quando c’era il nulla, come il moto rivoluzionario di un astro al suo punto d’origine, a quando tutto doveva ancora essere e diventare, un viaggio a ritroso nell’universo parallelo dell’infanzia in cui tutto è presente e il tempo non esiste.
Rêve-olutiòn! Andrà in scena il prossimo 24 gennaio a Milano presso Campo Teatrale.
I biglietti sono acquistabili qui:
https://ticket.campoteatrale.it/selection/event/date?productId=10228612469894
Navëe: che cosa c’è all’origine di questo nome?
Lo spunto di Navëe viene dal mio secondo nome, Naveena, un nome dell’Asia meridionale comunemente diffuso in lingue come il Tamil e l’Hindi, che significa ‘novella’ o ‘nuovo’ e mi è stato dato dalla mia mamma, ex hippy giramondo, che in uno dei suoi lunghi viaggi in India, prima che io nascessi, ha incontrato una ragazza, da cui è rimasta particolarmente colpita, che si chiamava proprio Naveena.
Ti sei diplomata all’Accademia dei Filodrammatici. Che cosa ti porti dietro di quegli anni?
Di quegli anni mi porto soprattutto un’immensa gratitudine verso un’istituzione privata che non fa pagare un centesimo ai propri allievi e per questo unica nel suo genere. Uno spazio in cui mi sono sentita libera di sbagliare senza il peso del fallimento. Quella libertà rara e più che mai preziosa, che per qualsiasi artista è oro, è la stessa che ho cercato di recuperare col progetto Navëe.
Quali sono tre aggettivi che potrebbero descrivere il tuo spettacolo “Rêve-olutiòn!”? (motivare la risposta)
Radicale, come solo i bambini sanno essere.
Irriverente, perché ogni tanto bisogna essere maleducati.
Psichedelico, perché si può essere drogati anche senza essere drogati ed è proprio bello.
Molto importante, in questo spettacolo, è il concetto di infanzia. In che modo verrà rappresentato questo tema?
Il pretesto narrativo di questo spettacolo sono i ricordi personali di una bimba, i nonni, e quindi la memoria, le tradizioni. Da lì, attraverso l’escamotage associativo e di cambiamento di pensiero repentino proprio del bambino, partirà un viaggio scenico e sonoro attraverso la dimensione del gioco ma anche della nostra memoria storica. È un percorso continuo dall’individuale all’universale, dal crudo al grottesco, dal privato al politico!
La libertà bambina, infatti, è pretesto surreale di liberazione personale, sguardo alternativo sul mondo e scherno anche di alcuni dei nostri retaggi storico-culturali, che germinano nella violenza, come il fascismo.
In questo viaggio si parte bambini e si ritorna bambini, al nulla da cui veniamo, al non-spazio temporale in cui tutto è presente e il tempo non esiste. Che cosa c’è in mezzo? Lo scoprirete solo venendo a vedere lo spettacolo!
Qual è il brano che più di ogni altro non vedi l’ora di portare in scena? (motivare la risposta)
Nessuno in particolare: non sto più nella pelle a mostrare al pubblico l’insieme dei brani a cui lavoro da un paio d’anni ormai e alla sua resa scenica in questa forma che non vuole essere incasellabile in un unico genere ma qualcosa di sempre vivo e in evoluzione!