Paul Pedana, uno dei songwriter più innovativi e rispettati della scena musicale indipendente internazionale, torna a incantare ancora una volta il pubblico con il suo nuovo album Moosehorn Algoreaper, uscito il 6 Settembre 2024. Un’opera di 18 tracce per più di un’ora di musica originale. L’album segna un cambio radicale di stile ed è la prima co-produzione tra Pedana e la compagna Virga Siksniute che ha anche curato la parte video e fotografica. Questo progetto audace, innovativo e controcorrente, promette di affascinare gli amanti della musica raffinata e acculturata, offrendo un’esperienza sonora unica e profondamente evocativa.
1- Ciao Paul, grazie per questa intervista. Partiamo dal titolo del tuo ultimo disco, Moosehorn Algoreaper. Come mai questo titolo? Cosa dice del disco?
Grazie a voi, qualcuno dovrà pur fare il lavoro sporco di promuovere un alce come me, no?! Moosehorn Algoreaper non ha un vero e proprio significato fisso, ma ne ha molti, dipende da come uno lo interpreta. Mi piace lasciare spazio alle interpretazioni: significa ciò che uno vuole, in fin dei conti.
2- In questo disco dai voce agli “ultimi”. Come ti è venuta questa idea?
Non mi sono mai sentito a mio agio nelle situazioni “vincenti”. Ho sempre trovato buona compagnia in un bar mezzo vuoto, con qualche “fantasma sociale” che raccontava le disgrazie della sua vita. Non lo trovi interessante? Voglio dire, chi è che scriverebbe canzoni su macchine di lusso, yacht, ricchi e celebrità? …Ah, beh, sappiamo chi sono questi. Non so, mi sembra che questa montagna di rumore e autotune che sta nelle classifiche abbia annebbiato il cervello di tutti. Se qualcuno vuole mettersi in fila con un biglietto numerato insieme a questa gente, buona fortuna. Io starò fuori a parlare con il mendicante di fianco alla porta d’ingresso.
3- Come valuti la situazione odierna in Italia se si parla degli “ultimi”? Come vedi il welfare? È effettivo o ci sono delle carenze?
Mah, cosa posso dire? In Italia, come in molte parti del mondo, sta succedendo la stessa cosa, mi pare. I ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più dannatamente poveri. Un sistema che favorisce il più forte, automaticamente svantaggia il debole, e questo è l’esatto opposto di ciò che il disco vuole esprimere, parlando degli ultimi. C’è troppa gente che scivola nelle fessure, dimenticata. La burocrazia ti mangia vivo per qualsiasi cosa. Bisogna proprio parlare con questi “ultimi” per capire quali siano i veri problemi. È tutto sempre molto bello quando descrivi il tuo paese da una barca ormeggiata a Porto Cervo, mentre sorseggi un Cristal Vintage come aperitivo. Provate a parlare con quelli che non arrivano a fine mese perché devono pagare le tasse, o con quelli che per guadagnare mille euro al mese ne spendono quattrocento in carburante per andare al lavoro, o ancora meglio con quelli che, dopo aver lavorato per quarant’anni versando contributi, vanno in pensione con seicento euro al mese. Non è cambiato nulla rispetto al passato. Come dice Silvano Agosti: “Fino ad ora non si è narrata la storia dell’uomo, ma la storia del potere”.
4- Questo disco ha un tappeto sonoro unico. Partiamo dal fatto che hai “campionato” suoni naturali. Come hai fatto? Come ti sei organizzato?
Diciamo che ho adottato un approccio opposto alle registrazioni moderne. Sono partito dal concetto di “suono grezzo”, di ruvidità sonora. Ti sei mai chiesto perché ricerchiamo sempre quelle sonorità del passato? Quei dischi impolverati di Son House o Lightnin’ Hopkins, o le registrazioni assurde di Robert Johnson… All’epoca avevano una tecnologia limitata, ma questo dava risonanza all’artista. C’erano solo legno, ferro e l’essere umano su quegli strumenti, capisci? Oggi l’essere umano è sparito dalla musica, sostituito da una brutta caricatura, dominata da tonnellate di effetti artificiali e digitali. È uno schifo. Tornando al mio album, ho deciso di andare controcorrente proprio per questo. Sul brano I’ve Got A Machine ho registrato con un microfono a condensatore i suoni di uno scatolone battuto con un pezzo di legno, una lamiera strisciata con un cacciavite e una sega rotante, tutto per creare il tappeto percussivo della canzone. Bisogna uscire da questa ossessione dello “standard sonoro”. È in queste ricerche che si trova qualcosa di interessante. Gli artisti di oggi sono al novantanove percento gossip, tatuaggi in faccia, foto provocanti, macchinoni e idiozie varie, e solo all’uno percento musica. Penso di essere stato troppo generoso con quell’uno percento.
Ascolta il disco “Moosehorn Algoreaper” di Paul Pedana:
https://paulpedana.bandcamp.com/album/moosehorn-algoreaper
5- Mi dai una panoramica degli ospiti che hanno fatto parte del disco Moosehorn Algoreaper?
In realtà non ce ne sono molti, ma quelli che hanno suonato sono veri talenti. A partire da Denis Efimenko, un vero e proprio meticcio. Lui è un misto di tre culture sparse per il mondo, e il suo stile è così variegato che potrebbe suonare un assolo su un valzer gitano con una chitarra a due corde. Poi c’è Lef Germenlis, anche lui bandmate di lunga data, uno dei pianisti più creativi e intuitivi che abbia mai conosciuto. Ovviamente non posso non citare Patlansky. Dan è uno di quei chitarristi che rimarranno nella storia della chitarra, penso che questo ragazzo sia semplicemente nato nell’epoca sbagliata, altrimenti sarebbe tranquillamente nell’Olimpo chitarristico, come uno Stevie Ray Vaughan. Sono serio!
6- In questo disco c’è anche la mano della tua compagna. Come avete lavorato alla parte visual del disco? Che tipo di esperienza è lavorare con la propria compagna?
Ah, questa è una domanda interessante. Sai, lei può essere qualsiasi cosa voglia. È quella perla che si stacca dalla tua collana quando meno te lo aspetti, quel rametto di vite che comincia a muoversi facendoti capire che in realtà era un insetto stecco, capisci? La sua creatività è compulsiva e inaspettata. Nell’artwork volevamo ricercare qualcosa che si fondesse con le sonorità perdute dell’album, così Virga ha avuto l’idea di fare degli shooting nelle lande desolate del nord della Lituania, un ambiente incredibilmente suggestivo. Passavamo ore in macchina con la macchina fotografica, catturando tutto ciò che ci sembrava interessante. Abbiamo un buon ritmo, direi; riascoltiamo le registrazioni e riguardiamo le fotografie molto prima di capire se sono adatte. Non so chi sia più testardo tra me e Virga, ma so per certo che senza di lei questo album non esisterebbe.
7- Quali sono i generi musicali o le atmosfere che troviamo in Moosehorn Algoreaper?
Per l’esattezza, sono circa trecentoquarantasette. Forse mi sbaglio di poche decine. Penso che in questo album ci sia davvero di tutto. Sai quando i produttori ti dicono che devi essere riconoscibile per entrare nel mainstream? Io ho fatto l’opposto. Dal Rock al Folk, dal Blues al Jazz, dallo Stoner al Gypsy, dal Country al Sinfonico, fino a monologhi recitati. Per gli indecisi, penso sia un’ottima scelta.
8- Il primo singolo che hai scelto di far ascoltare è stato Champagne. Come mai questa scelta?
Mah, è stato il primo singolo ad uscire per annunciare l’album e pensavamo avesse il ritmo giusto. Volendo distanziarmi dal mio passato stilistico, non potevo dare uno schiaffo agli ascoltatori, così abbiamo pensato di farlo a piccole dosi, proponendo un blues accattivante e provocatorio. Poi l’assolo di Dan è veramente impressionante, gli abbiamo dedicato più di sessanta secondi, penso. Veramente forte.
9- Hai già in programma un tour? In che tipo di location o situazioni vorresti presentare il disco?
Sì, faremo delle date sia in Europa che negli Stati Uniti, ma non saranno annunciate tutte insieme, perché programmeremo passo dopo passo le esibizioni. Stabiliremo il nostro piccolo circo qua e là. Prima montiamo il tendone, sai, poi costruiamo i palchi per i nostri giocolieri e mangiafuoco, le nostre scimmie sommelier e le galline danzanti indo-austriache, per poi spostarci come nomadi qua e là a proporre la nostra arte. I biglietti saranno abbastanza economici, però bisogna prima inviare una lettera con ricevuta di ritorno a “redrum@torrance.com”, allegando una foto in cui siete vestiti da cacciatori di palline da golf e un leccalecca semi-usato.
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