“36AM” dei Lokomorf: la solidità delle idee e il coraggio della forma

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C’è una chiarezza d’intenti che colpisce immediatamente ascoltando 36AM. Il primo album dei Lokomorf non è solo un biglietto da visita: è una dichiarazione d’identità. Dalle prime note di “Holefatto” fino all’ultima vibrazione di “Ode to Gagarin”, la band dimostra una visione precisa, senza compromessi. L’universo sonoro che Rod Catani costruisce insieme a Luis Martinez Marco, Jose Marco e Ana Vidal è stratificato ma mai confuso. Ogni elemento trova il suo posto, ogni suono contribuisce alla narrazione.

 

Il disco si muove su una linea che unisce il rock alternativo più classico a una scrittura di respiro internazionale. “Komplexo di Superiorità” è il brano più tagliente, dove il sarcasmo si intreccia a un groove deciso; “Cose Sbagliate” introduce un cambio di passo con un’atmosfera più riflessiva, che mostra la versatilità vocale di Vidal. “Suite Islandia” rappresenta invece una parentesi contemplativa, una sorta di respiro strumentale che espande l’immaginario della band.

Quello dei Lokomorf è un linguaggio ibrido e fluido: c’è dentro il peso del rock, la ricerca del dettaglio melodico e una sensibilità narrativa che richiama la scuola cantautorale italiana. Ma il gruppo riesce a far convivere questi elementi senza mai scadere nel citazionismo.

Rod Catani, con un passato tra Italia, Londra e Spagna, mette a frutto la propria esperienza costruendo un album coerente, diretto e ricco di sfumature. 36AM è un lavoro che parla di passione, disciplina e visione. I Lokomorf non cercano di stupire con virtuosismi, ma con coerenza e sostanza. E ci riescono.

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