Con “Dust Off”, gli In June aprono un nuovo capitolo della loro storia musicale. La band, attiva dal 2018, ha già esplorato diversi registri sonori e tematici, ma con questo singolo sceglie di spingersi oltre, adottando un linguaggio più diretto e un’estetica più cupa. L’obiettivo è chiaro: dare voce a ciò che spesso viene taciuto.
Il brano affronta il tema della vulnerabilità con un approccio schietto, invitando a non reprimere i momenti di sofferenza. È un messaggio che si oppone alla tendenza sociale a minimizzare il disagio e che si riflette in un sound potente, dove il basso e le percussioni hanno un ruolo predominante. La voce si muove con energia, mentre la produzione elettronica avvolge l’insieme senza soffocare gli strumenti.
La collaborazione con Steve Lyon ha avuto un peso decisivo. Con la sua esperienza, Lyon ha contribuito a rafforzare la direzione artistica del singolo, conferendo al brano una qualità internazionale e aiutando il trio a mettere a fuoco la propria identità.
“Dust Off” non è solo un nuovo singolo: è una dichiarazione di intenti. Segna il desiderio degli In June di crescere e di proporre al pubblico un lavoro che sia al tempo stesso personale e universale, capace di unire introspezione, energia e un suono che guarda con decisione al futuro.
“Dust Off” è un brano che sembra urlare una verità scomoda: la sofferenza esiste e va accolta. Qual è stata la scintilla creativa dietro al pezzo?
La scintilla per DUST OFF è stata senza dubbio una riflessione, critica se vogliamo, riguardo l’incapacità sempre più incalzante della società moderna di trattare le emozioni negative, la sofferenza, i disagi. In un mondo sempre più performativo, legato alla condivisione solo degli aspetti positivi delle cose o a ciò che “fa notizia”, si perde la performatività legata invece al disagio interiore, che viene relegato sempre più alle “scatole interne” in cui nascondere e silenziare tutto ciò che possa risultare troppo pesante, negativo e oscuro. La riflessione nasce anche dalla realizzazione dell’esistenza di un trauma generazionale, che ha impedito a chi è venuto prima di noi, di coltivare, nutrire e quindi risanare le ferite interiori, che portano poi ad un effetto a cascata che si riversa sui figli e sui figli dei figli, in un continuo fuggire da ciò che fa troppo male affrontare, tutto ciò a cui non si vuole dare una voce, anche solo per la paura del giudizio degli altri, e per la paura di sentirsi “sbagliati” o rotti.
Il suono è crudo, scuro, ma allo stesso tempo controllato. Come avete costruito questa nuova estetica musicale?
Il nostro suono si è formato sul palco, e il punto in cui siamo arrivati oggi con DUST OFF è proprio un punto di incontro tra la crudezza genuina di ciò che nasce in sala e durante la performance, e quello che è lo studio che avviene invece nella lucidità della vita di tutti i giorni. Ascolti nuovi o ritrovati (Deftones, Bjork, Depeche Mode…) e il desiderio di creare un’arte più viscerale, hanno contribuito a questa veste più scura ma pur sempre equilibrata e allineata ai nostri valori.
Com’è cambiato il vostro approccio alla scrittura e alla produzione lavorando con Steve Lyon?
Steve Lyon è stato per noi un grande valore aggiunto. Dalla condivisione dei brani in fase embrionale fino alla registrazione di DUST OFF ci siamo trovati in una bellissima situazione di scambio: la sua enorme professionalità ci ha fatto da guida importante verso questo cambiamento di stile. Chi, meglio di lui, con alle spalle lavori con band come i The Cure e i Depeche Mode poteva incoraggiare questa nostra nuova direzione? E’ stato fondamentale per raggiungere questa nuova cima, e abbiamo iniziato a lavorare sentendoci più liberi di indugiare nelle nostre tendenze più cupe, perché sapevamo di trovare, dall’altra parte, qualcuno pronto a capirci e valorizzarci.
Il singolo affronta anche un tema sociale: la negazione della sofferenza. È un brano di resistenza secondo voi?
Forse più che di resistenza, è un brano di incitamento, al prendere atto e coscienza di qualcosa che tutti, in fondo, sanno. E’ una spinta a gestire meglio di chi è venuto prima di noi i sentimenti negativi, senza ingoiarli ma sputandoli fuori. E’ un invito a guardare dove la società fa finta di non vedere.
Qual è stato per voi il momento più difficile da affrontare come band, e in che modo la musica vi ha aiutati?
Il nostro momento più difficile, ma anche più formante, è stato sicuramente quello in cui ci siamo resi conto dell’importanza di lottare per la nostra libertà artistica, di fronte alle convinzioni di qualcun’altro che hanno rischiato di annullarci e di farci sentire non abbastanza. E’ stato difficile da affrontare perché, è ovvio, le opportunità sono tutte importanti e vanno vissute, faranno sempre parte del nostro bagaglio personale e artistico, ma è altrettanto vero che il prezzo non può mai essere l’integrità, la spensieratezza e la serenità che per noi è radicata, inevitabilmente, nella gioia del fare musica.
Questo nuovo corso cosa prevede? Siete al lavoro su un progetto più ampio?
Il disegno è più ampio, ci sono vari puntini da collegare, e abbiamo nuovissime canzoni pronte per essere registrate. Nella nostra wishlist del futuro prossimo c’è sicuramente il progetto di un album, ma vogliamo, per adesso, cogliere l’attimo e tastare il terreno.