Blocchi di cemento. Ne parlavo con Sofi mentre camminavamo per Londra nelle nostre giornate di lockdown. I blocchi di cemento che vedevamo passare ad ogni traversa. Camminare è bello, perché mi fa pensare a cose a cui probabilmente non penserei mai. Tipo i blocchi di cemento. Allora pensavo che non siamo tanto diversi dai pappagalli di Roundwood Park. Che si aggrappano al loro ramo come mascelle spaventate. Soprattutto io, non sono tanto diverso da loro. Quando canto di una stanza piena di scatoloni. Ed immagino tutte le glorie del futuro, i rimpianti del passato. Però me ne sto chiuso, dentro ad un blocco di cemento, aggrappato al mio ramo proprio come farebbe un pappagallo di Roundwood. Sono strani. I blocchi di cemento intendo. Siamo strani. Noi umani. Perché spendiamo il nostro tempo a studiare, per studiare, per lavorare, così che il tempo diventi denaro. E tutto questo per finire a comprare un blocco di cemento. C’è chi fa le acrobazie più innaturali, chi invece cammina a testa bassa, altri quasi non si muovono. Ma tutti, proprio tutti, vogliono comprare il loro blocco di cemento. Molti non lo ammettono. Io non lo ammetto, e non lo ammetterò mai. Ma lo accetto. Ecco che allora provo a cercare le vie di fuga tra il cemento. Quelle che ingannano la mia mente, mostrando spiragli di evasione da un mondo a blocchi. Quanto amo dormire su un soppalco, che mi sento un poco più vicino al cielo. Quanto amo premere il naso su una finestra, come se quel che è fuori lo potessi sfiorare con un dito e mai avere. Quanto amo i tetti e i balconi, che mi fanno sentire al di sopra del mondo. Vie di fuga e blocchi di cemento.
Davanti al mio balcone di Malta vedo una gru. Sta costruendo un palazzo alto. Il cielo è azzurro tanto da farmi le mosche negli occhi. E respiro fumo di pace. Poi mi giro, e dalla porta a vetro guardo la mia nuova camera. Mi piace. Devo dire che ho scelto un bel blocco di cemento. Vie di fuga e blocchi di cemento.
Classe 1998, Giallo nasce a Brescia, portato dalla cicogna, che in realtà è l’aeroplano ad elica di Snoopy. Qui passa il tempo a dormire sul pianoforte Yamaha a mezza coda in salotto, bianco come la panna montata (unico gusto che gli piace). Dorme sdraiato sulla coperta. Non è quella di Linus, la sua coperta è il Garda. La porta con sé quando si trasferisce ad Ivrea (che non è Torino) dove cresce e vive tra i 7 ed i 18. Qui scopre la musica ed il gioco della palla. Principalmente il gioco della palla. La musica però, inizia a fare le sue radici, e Giallo non può farci assolutamente niente.
Studia pianoforte per un anno, suona “Per Elisa”. Studia canto per un anno, canta “Strada Facendo”. Studia tromba per un anno, suona (e recita in maniera discutibile) “La Pantera Rosa”. Studia chitarra classica, prova a suonare Romanza. Studia batteria per un anno, non suona. Studia canto nuovamente, canta “Puisque C’est Ma Rose”. Studia il basso elettrico, suona “Another One Bites The Dust”.
Diciamo che studia e suona, anche se di studiare musica non se ne parla proprio. Giallo non sa né leggere né scrivere. E da perfetto illetterato musicale arriva ai suoi 17, quando capisce che il gioco della palla non fa più per lui. Riprende in mano la chitarra ed inizia a scrivere testi, poesie, canzoni.
Giallo si trasferisce a Londra nel 2017, dove studia all’università. L’amico Lorenzo lo spinge a scrivere e pubblicare la sua musica. Nel 2019, chiama sua madre dicendo: “Mamma tu non l’hai capito, voglio fare il cantante”.
A gennaio 2021, Giallo inizia a lavorare per pubblicare il suo primo EP.