Bellissimi e Infelici: fragilità, desideri e relazioni nel presente – Intervista a Mariano Casulli

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Il nuovo album di Mariano Casulli, Bellissimi e Infelici, sembra specchiare le contraddizioni del nostro tempo: racconta fragilità, insicurezze, desideri e relazioni complesse con uno sguardo contemporaneo e personale. Canzone dopo canzone, il disco emerge da un percorso creativo durato diversi anni, in cui il cantautore ha scelto di dare voce a prospettive diverse, alternando sensibilità femminile e maschile, pop cantautorale ed elettronica, luce e malinconia.
In questa intervista, Mariano Casulli ci racconta il processo emotivo e creativo dietro Bellissimi e Infelici, il lavoro in studio con il produttore Molla, l’uso di prospettive narrative diverse e il legame tra scrittura personale e ascolto universale.


Bellissimi e Infelici sembra riflettere le contraddizioni del presente, con testi che parlano di fragilità, desideri e relazioni complesse. Qual è stato il tuo punto di partenza emotivo quando hai iniziato a scrivere questo disco?

Il punto di partenza emotivo è sicuramente il senso di insicurezza che avverto nei giovani. Quel guardare in avanti senza qualcosa di serio su cui aggrapparsi, senza certezze per il futuro. Un presente precario ed un futuro incerto. Sensazioni certamente scaturite dai tempi che viviamo. Da qui ho deciso di scrivere questo disco, che in realtà è nato passo dopo passo, canzone dopo canzone, in un processo creativo durato diversi anni.


Nel tuo nuovo album adotti diverse “voci”, anche femminili, per raccontare storie intime ma universali. Come scegli da quale prospettiva far parlare un brano?

Ho una certa propensione a raccontare le cose che vedo e che vivo, dal punto di vista femminile. Ci trovo una certa sensibilità, non so. Quindi non credo si tratti di una scelta consapevole, semplicemente istinto.


Il mood di Bellissimi e Infelici alterna luce e malinconia con pulsazioni elettroniche e cantautorato pop. Come hai lavorato con il produttore Molla per bilanciare questi elementi sonori?

Abbiamo cercato semplicemente di lavorare alle canzoni lasciando che queste conservassero la loro natura. Molla poi si è occupato di rendere il suono più vicino a quello contemporaneo, facendo scelte oculate e mirate.


Molti brani del disco sembrano raccontare la vita di tutti i giorni in modo diretto, sincero e artigianale. C’è una storia o un’esperienza personale che ti ha particolarmente ispirato durante la scrittura?

Una in particolare no. Piuttosto certamente quello che viviamo e sentiamo tutti i giorni ha influito sulla scrittura di questo disco. Ho provato a raccontare un tempo, un momento particolare della storia, arricchendolo di tutte quelle che sono le emozioni e sensazioni.


Nel singolo Come stai, che ha anticipato l’album, affronti un momento di riflessione e rinascita. In che modo questo brano si connette al resto del concept di Bellissimi e Infelici?

È il brano che chiude il disco. Mi permetterei di dire che è quello che risolve il disco, come quando in musica tu devi risolvere una melodia, trovare la nota giusta che chiude la sequenza. In quel pezzo ci trovo un punto di arrivo, o probabilmente di partenza. Dopo aver vissuto diverse sensazioni, la protagonista si ritrova a fare i conti con se stessa. A chiedersi appunto come sta.


La scrittura di Bellissimi e Infelici è stata descritta come capace di superare distinzioni di genere e restituire emozioni che tutti possono riconoscere. Quanto è importante per te raggiungere un pubblico ampio pur mantenendo una scrittura personale e autentica?

È molto importante, anche se non ti nascondo che seppur questo disco racconti delle storie di giovani alle prese con la loro prima età adulta, credo che si renda più facilmente ascoltabile da gente più adulta e matura. E forse questa cosa non mi dispiace, perché i grandi spesso hanno difficoltà a capire i giovani, a capire come si sentono e quello che provano e vivono. Chissà che questo disco possa aiutare in questo processo di ascolto e comprensione.


Guardando al tuo percorso dal primo album Silenzi a cui tornare fino a Bellissimi e Infelici, cosa senti di aver sviluppato di più come autore e quale sfida artistica vorresti affrontare in futuro?

Non ti so rispondere a questa domanda. Credo che in questo percorso io abbia cercato sempre di restare sincero nelle canzoni, scrivere quello che sento, che vivo e che vedo. Senza forzare la mano o senza ricercare per forza qualcosa. Lavoro principalmente su questo.

Per il futuro non so, non ti nascondo che mi piacerebbe poter sperimentare l’elettronica, il mondo dei sintetizzatori. Fare qualcosa con quel tipo di sound non mi dispiacerebbe.

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