Abbiamo accolto una sfida. Fino ad oggi per me le colonne sonore (di film, videogiochi, qualsiasi cosa…) erano sempre inevitabilmente legate e funzionali al loro supporto. Quindi la colonna sonora del film che avevo visto al cinema, era godibile solo nel momento in cui avevo ben in mente a cosa essa era legata. Se mi trovavo sul mio autobus verso casa con la colonna sonora del Signore Degli Anelli, non posso che ritrovarmi nella Terra di Mezzo, con tutte le conseguenze che ne possano derivare, come per esempio perdere la fermata. Non mi sono mai chiesto come poteva essere, ascoltare quella stessa colonna sonora, senza sapere niente di anelli, hobbit e compagnie varie. Non me lo sono mai neanche chiesto, perchè per me è sempre stato inconcepibile.
Everybody’s Gotta Learn Sometime non è (solo) un brano di Beck, ma la colonna sonora immortale di Eternal Sunshine Of The Spotless Mind, come Playground Love non è (solo) un brano degli AIR ma la colonna sonora de Il Giardino Delle Vergini Suicide. Dei brani che esistono solo all’interno del loro immaginario, quello per il quale sono stati concepiti o inseriti. Ma questa volta è stato diverso, abbiamo accolto la sfida di ascoltare due dischi, quelli del compositore e pianista Alberto Mancini, pensati per essere le colonne sonore di due videogiochi, senza sapere molto altro. E quel poco che sappiamo è che Alberto è ufficialmente di stanza a Milano, dove per anni ha militato negli ambienti del Lume e della Civica di Jazz, che è tra i fondatori dei Deaf Kaki Chumpy e che ultimamente è invece a Zurigo, per studiare e comporre musica per videogiochi.
E veniamo qui a “Cerebral Surge“, un disco che mi ha fatto compagnia in una di queste infinite giornate piovose, che avevo già messo da parte le giacche pesanti e mi sono ritrovato ad affondare i piedi nel fango, con le All Star come uno scemo. Il sottofondo un inquietante e stridente quarto d’ora, che ho mandato in loop a farmi sentire ancora più scemo, come il protagonista di un film apocalittico. Vivere con in sottofondo “Cerebral Surge” mi ha fatto diventare Viggo Mortensen ne La Strada, nella mia Arezzo fangosa e patetica. Le campane, aspettarsi il peggio, l’oscurità incombente, i nemici che non sapevo neanche di avere ad inseguirmi, a piazzarsi lì ad aspettarmi all’uscita dell’ufficio. La cosa assurda è che il fatto che questo disco, tre tracce magnetiche e ossessive, siano una colonna sonora è del tutto ininfluente, perchè rimane una delle scoperte più interessanti dell’ultimo periodo, più sensato di qualsiasi disco strumentale mi sia arrivato in questa prima metà del 2024. Chiudete gli occhi, e innamoratevi di queste chitarre.
Ed è un nuovo giorno, e non potevo che immergermi nell’ascolto anche del secondo disco “XOLO“, una nuova colonna sonora del cui contesto originario non voglio sapere niente. Il cielo che si apre, la pioggia che cessa, io sempre con l’umido addosso, Arezzo silenziosa: una risalita, l’esotico che incombe in questa stagione a metà, l’acqua ovunque. Un’altra bella scoperta che si condisce di fiati e percussioni dal sapore latino: ritrovarsi nella stagione delle piogge, ad affrontare le giornate con gli abiti inzuppi, il sole improvviso fuori, tutto sommato bene.
In sintesi: ascolterò più spesso colonne sonore, provando a dare un senso alle mie giornate, e proverò a fregarmene della loro origine (non voglio nè posso attaccarmi ai videogiochi, perchè finirebbe male – sono compulsivo, agguerrito e dipendente). Romanticizzare la propria vita con le tracce giuste è un ottimo esercizio psicologico, e me lo ha insegnato Alberto Mancini.