Ciao a tutti i lettori di Lost in Groove, sono
Ciao a tutti i lettori di Lost in Groove, sono IOFORTUNATO e
oggi cercherò di raccontarmi un po’.
Prima di parlare del mio incontro con la musica, forse è più
giusto parlare del mio incontro con l’arte.
Da bambino, ho vissuto gran parte della mia infanzia a casa dei
miei nonni materni Vito e Lina, un luogo
che per me era uno stimolo continuo da un punto di vista
creativo. Mio nonno, sarto, cuciva gli abiti sui Pupi
(Costume nel pupo) da non confondere con i “paladini siciliani”.
Questi pupi, apparentemente immobili, percorrevano le diverse
epoche storiche
viaggiando nel tempo attraverso le stoffe che indossavano,
trasformando così quello che era un gesto artigianale in un vero
e proprio impeto artistico.
L’atmosfera che percepivo osservando mio nonno mi catturava
completamente e voglio credere che dalla sua dedizione e
testardaggine io abbia preso lo spunto e l’esempio per cercare
un modo di esprimere me stesso.
Mi sono avvicinato alla musica intorno agli 11 anni e durante
tutta la mia adolescenza l’ho vissuta attraverso lo studio del
pianoforte che purtroppo non è mai stato continuo per via delle
tante deviazioni adolescenziali, i vari picchi emotivi, ai quali
spesso conseguiva una sorta di demotivazione, le mille
confusioni su chi vuoi e chi puoi essere, le invidie, le
frustrazioni… l’adolescenza non è mai qualcosa di semplice!
La mia prima band l’ho avuta appena maggiorenne e nel corso
degli anni successivi ho fatto parte di altri progetti come
tastierista. Le canzoni le ho sempre scritte ma mi vergognavo
molto a condividerle e quindi finivano per restare dentro cartelle
nel computer o semplicemente nella mia testa.
Nel 2015 ho cominciato a pensare che alcune di quelle idee
potevano funzionare e le ho proposte a un amico di allora con il
quale lavoravo al progetto Yes/se:f. Nacquero così canzoni
come Mine Vaganti, Verme, Prima del sonno, Anomalo, inserite
successivamente nell’album Prima del Sonno uscito per
Dancetool nel 2017.
In quegli anni ho sperimentato cosa potesse significare cantare
davanti a un pubblico e molto spesso mi sono ritrovato
spiazzato per quello che ricevevo in quei momenti. Cantare ti
espone in un modo diverso poiché il veicolo con cui ti esprimi è
qualcosa che è comune a tutti, le parole sono di chiunque e
quando le metti dentro una canzone, speri sempre che possano
incollarsi sugli altri, su chi ti sta ascoltando e che grazie a quel
momento tornerà ad ascoltarti.
Dalle consapevolezze maturate, frutto di momenti talvolta
difficili, sono arrivato a Iofortunato, sono tornato a me stesso
per ripartire e questa è una cosa che simbolicamente significa
tanto perché incontra una fase della vita in cui non è più facile
dirsi delle bugie, quanto meno non può più funzionare quella
strana attesa che qualcosa possa improvvisamente arrivare.
L’incontro con Roberto Cammarata è stato in tal senso
provvidenziale e di grande ispirazione. Le prime canzoni che gli
feci ascoltare servirono soltanto per capire su cosa dovevo
lavorare per scriverne altre. Era appena il 2020, in pieno
lockdown, passavo le mie giornate davanti a una postazione
provvisoria in casa mia a scrivere e preprodurre più idee
possibili da proporre a Roberto. CNC e Cappotto Verde sono
nate proprio
in quel periodo.
A luglio entrai in studio e cominciai a lavorare al primo disco di
Iofortunato intraprendendo un percorso di crescita non soltanto
musicale. Umanamente credo di aver vissuto momenti di
grande valore, fondamentali per le canzoni con le quali cerco di
esprimermi. Su tutto però credo di aver imparato che il risultato
ottenuto dopo tanto lavoro è solamente un nuovo punto di
partenza, un altro gradino da salire e questo pensiero non è mai
semplice da integrare, perché semplice non significa facile e
perché facile non è sempre bello.
Ho cercato di sintetizzare la genesi di Iofortunato raccontandovi
un po’ di me e vi ringrazio per avermi letto. Ringrazio di cuore
Lost in Groove per questo significativo spazio di condivisione.
e
oggi cercherò di raccontarmi un po’.
Prima di parlare del mio incontro con la musica, forse è più
giusto parlare del mio incontro con l’arte.
Da bambino, ho vissuto gran parte della mia infanzia a casa dei
miei nonni materni Vito e Lina, un luogo
che per me era uno stimolo continuo da un punto di vista
creativo. Mio nonno, sarto, cuciva gli abiti sui Pupi
(Costume nel pupo) da non confondere con i “paladini siciliani”.
Questi pupi, apparentemente immobili, percorrevano le diverse
epoche storiche
viaggiando nel tempo attraverso le stoffe che indossavano,
trasformando così quello che era un gesto artigianale in un vero
e proprio impeto artistico.
L’atmosfera che percepivo osservando mio nonno mi catturava
completamente e voglio credere che dalla sua dedizione e
testardaggine io abbia preso lo spunto e l’esempio per cercare
un modo di esprimere me stesso.
Mi sono avvicinato alla musica intorno agli 11 anni e durante
tutta la mia adolescenza l’ho vissuta attraverso lo studio del
pianoforte che purtroppo non è mai stato continuo per via delle
tante deviazioni adolescenziali, i vari picchi emotivi, ai quali
spesso conseguiva una sorta di demotivazione, le mille
confusioni su chi vuoi e chi puoi essere, le invidie, le
frustrazioni… l’adolescenza non è mai qualcosa di semplice!
La mia prima band l’ho avuta appena maggiorenne e nel corso
degli anni successivi ho fatto parte di altri progetti come
tastierista. Le canzoni le ho sempre scritte ma mi vergognavo
molto a condividerle e quindi finivano per restare dentro cartelle
nel computer o semplicemente nella mia testa.
Nel 2015 ho cominciato a pensare che alcune di quelle idee
potevano funzionare e le ho proposte a un amico di allora con il
quale lavoravo al progetto Yes/se:f. Nacquero così canzoni
come Mine Vaganti, Verme, Prima del sonno, Anomalo, inserite
successivamente nell’album Prima del Sonno uscito per
Dancetool nel 2017.
In quegli anni ho sperimentato cosa potesse significare cantare
davanti a un pubblico e molto spesso mi sono ritrovato
spiazzato per quello che ricevevo in quei momenti. Cantare ti
espone in un modo diverso poiché il veicolo con cui ti esprimi è
qualcosa che è comune a tutti, le parole sono di chiunque e
quando le metti dentro una canzone, speri sempre che possano
incollarsi sugli altri, su chi ti sta ascoltando e che grazie a quel
momento tornerà ad ascoltarti.
Dalle consapevolezze maturate, frutto di momenti talvolta
difficili, sono arrivato a Iofortunato, sono tornato a me stesso
per ripartire e questa è una cosa che simbolicamente significa
tanto perché incontra una fase della vita in cui non è più facile
dirsi delle bugie, quanto meno non può più funzionare quella
strana attesa che qualcosa possa improvvisamente arrivare.
L’incontro con Roberto Cammarata è stato in tal senso
provvidenziale e di grande ispirazione. Le prime canzoni che gli
feci ascoltare servirono soltanto per capire su cosa dovevo
lavorare per scriverne altre. Era appena il 2020, in pieno
lockdown, passavo le mie giornate davanti a una postazione
provvisoria in casa mia a scrivere e preprodurre più idee
possibili da proporre a Roberto. CNC e Cappotto Verde sono
nate proprio
in quel periodo.
A luglio entrai in studio e cominciai a lavorare al primo disco di
Iofortunato intraprendendo un percorso di crescita non soltanto
musicale. Umanamente credo di aver vissuto momenti di
grande valore, fondamentali per le canzoni con le quali cerco di
esprimermi. Su tutto però credo di aver imparato che il risultato
ottenuto dopo tanto lavoro è solamente un nuovo punto di
partenza, un altro gradino da salire e questo pensiero non è mai
semplice da integrare, perché semplice non significa facile e
perché facile non è sempre bello.
Ho cercato di sintetizzare la genesi di Iofortunato raccontandovi
un po’ di me e vi ringrazio per avermi letto. Ringrazio di cuore
Lost in Groove per questo significativo spazio di condivisione.