Si è conclusa settimana scorsa la diciannovesima edizione del Primavera Sound Festival: l’esperienza ricavatane è incredibile ed emozionante, difficile da superare una volta tornati alla quotidianità, soprattutto per quest’ultima appena passata.
Il concetto trainante di questa edizione è il New Normal, definibile sotto varie accezioni: quella che salta all’occhio è, senza ombra di dubbio, quella socioculturale. Le più disparate forme di espressione hanno preso vita durante le tre giornate di festival, permettendo a ciascun partecipante di godere appieno di tutti gli aspetti di questa esperienza sensoriale e difficilmente dimenticabile.
Il nuovo slogan ha trovato spazio anche nella scelta degli artisti chiamati ad esibirsi; una line up composta da metà artiste e metà artisti, una vera rivoluzione rispetto al passato dello stesso festival, ma anche a quello di altre manifestazioni analoghe. La compresenza di culture e origini totalmente differenti hanno contribuito a creare un’atmosfera e una sinergia indissolubili e meravigliose. Il New Normal ha trovato forma, inoltre, nella decisione degli organizzatori di eliminare l’utilizzo dei bicchieri di plastica e di orientarsi alla sostenibilità ambientale, lasciando quasi intatta l’intera area festival e, importantissimo, la vastissima scelta di cibo multietnico ha raccolto i consensi del sottoscritto.
Un aspetto interessante concernente la line up è la presenza di forti headliner donne, come Erykah Badu e Miley Cyrus, opposte nei generi, ma molto simili nel messaggio trasmesso dai loro live. La Cyrus ha presentato dal vivo il suo ultimo EP, pubblicato il giorno stesso. Entrambe sono state autrici di due dei concerti più importanti della storia del festival, insieme a Janelle Monae. Quest’ultima ha racchiuso in un’ora e mezza la forza e l’energia delle black women e l’ha trasmessa con delle movenze e delle gestualità tutt’altro che trascurabili, fino ad arrivare a gettarsi sulla folla.
Continuando sulla scia di quanto detto sopra, sono state proprio le donne a regalarci i concerti più significativi e memorabili: la giovanissima Clairo col suo bedroom pop pronto ad esplodere e raggiungere un pubblico vasto, l’electro pop della norvegese ed elettrizzante Sigrid, l’rnb, il soul e la potentissima voce di un’incredibile Lizzo, la spensieratezza e la freschezza del pop di Carly Rae Jepsen, la sensualità e la voce vellutata di Kali Uchis, la performance – letteralmente – esplosiva di Christine and the Queens, il rave, il futuro anticipato di Charli XCX e la madrina di casa Rosalìa, grazie alla quale abbiamo avuto modo di assistere alla prima performance dal vivo di Barefoot in the Park con la collaborazione di James Blake.
Menzione speciale merita FKA Twigs, tornata all’attivo dopo cinque anni dalla pubblicazione del disco di debutto. Il suo concerto è stato un vero e proprio show, frutto di incommensurabile passione e di durissimo lavoro. La setlist ci ha regalato dei nuovi pezzi ma non sono mancati i classici del debutto che ci hanno fatto emozionare senza precedenti. Outfit e coreografie da urlo, ballerini professionisti ed un trio di musicisti impeccabili rivelatisi al pubblico dopo ripetuti colpi di katana verso il cielo notturno. L’effetto lasciato da questo spettacolo è quello di uno stordimento generale, uno stato confusionario ma, allo stesso tempo, un velo di trance e rapimento mistico da cui è difficile riprendersi completamente.
Se ci discostiamo dalla prevalenza di genere pop, l’artista che ha saputo accaparrarsi un posto d’onore nel mondo indie rock è stata la ventitreenne Nilüfer Yanya con il suo bellissimo debutto, Miss Universe. Il tramonto ha giocato a favore della giovane artista, accompagnata sul palco da una corista e una band di tutto rispetto.
Last but non least, Robyn – dopo molti anni di assenza dai palchi – ha saputo organizzare con cura e dettaglio una festa anni ’80 per la primissima parte del set con i pezzi estratti dall’ultimo lavoro, per poi culminare con un singalong davvero emozionante su Dancing On My Own. L’applauso e le urla del pubblico sono stati talmente sentiti da far emozionare gli spetttori come poche volte è capitato ad un concerto di genere simile. La cantante svedese è un vero e proprio animale da palcoscenico e far esperienza del suo concerto è qualcosa che consiglio fortemente.
Le donne sono state il fulcro del festival, ma alcuni artisti non sono stati da meno, soprattutto quelli che raccolgono il consenso da quella fetta di pubblico amante del rap, hip hop e urban. Parliamo di JPEGMAFIA e Slowthai, i quali sono riusciti a creare due set in cui non sono mancati crowdsurfing e movimento all’interno della folla. Il primo ha saputo trasformare l’esibizione in un concerto dai tratti quasi hardcore e punk. Il secondo, nonostante una piccola uscita fuori palco causa malessere, è una vera star nascente del rap inglese, destinato a palchi grandissimi e ad un eventuale futuro da headliner.
Assolutamente non sono mancati i nostri artisti italiani, tra cui Han. La giovane artista si è esibita per ben due volte, il venerdì nel tardo pomeriggio al Night Pro e in centro il sabato pomeriggio, all’interno della cornice del CCCB. La cantante ha presentato dal vivo il suo ultimo singolo, Gymnasion, insieme ai pezzi dell’EP.
Il Primavera Sound ha saputo cogliere l’esigenza di un cambiamento radicale, proveniente da un bisogno impellente di rivoluzione culturale ma non solo. La selezione accurata dei nomi presenti nel cartellone e il New Normal hanno permesso al festival di entrare nella classifica delle migliori edizioni degli ultimi anni, raggiungendo senza problemi il podio.
Foto di Primavera Sound