Caparezza fa ballare lo Stupinigi Sonic Park in un viaggio cosmico tra Dante, i robot e Van Gogh

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Se l’Italia avesse una sua versione del Dr Who, Caparezza sarebbe l’unico italiano che potrebbe interpretarlo.
Nessuno come lui riesce – nei concerti e negli album – ad attraversare i generi musicali e culturali, spaziando tra citazioni letterarie e videogame, viaggiando dall’inferno alla luna, dalla robotica a Mozart.

Nella sua data dello Stupinigi Sonic Park, Capa non delude affatto, regalando ai fan una nuova puntata del suo bizzarro circo laser. Quello del 9 luglio è stato uno spettacolo solido, vibrante, capace di far saltare il pubblico con i pezzi più carichi e allo stesso tempo di proporre riflessioni intelligenti e profonde. Caparezza, all’anagrafe Michele Salvemini, è ormai un artista maturo che sa dominare il palco e caricare il pubblico senza una minima sbavatura.

Certo, non sono stati tre anni facili quelli che da “Museica” l’hanno portato a realizzare l’album del tour: “Prisoner 709”. Dal 2015, il fischio – allora sopportabile – che aveva nelle orecchie da anni, è aumentato fino a diventare una tortura, probabilmente a causa dell’ abuso dei volumi. Caparezza ha canalizzato nella sua arte tutta la rabbia, tutta la frustrazione sopportata nel cercare di trovare una cura a questo doloroso acufene. Ne sono emersi pezzi durissimi e intensi come “Larsen” o “Una Chiave”, che nel live esplodono come bombe a mano insieme al suo repertorio classico. Quello che va in scena è uno spettacolo che sembra la versione pirotecnica e musicale di un fumetto disegnato da un ragazzo nella sua camera. La crew va in scena travestita, come androidi in una catena di montaggio, a metà tra i crash test dummies e i Cybermen. Per “Filippo Argenti” non può non essere sul palco anche Dante Alighieri, che ha deciso di diventare stilista e disegnare una collezione “autunno – inFerno”. E poi ancora pupazzi giganti, videogiochi anni ’80, bambini che volano a cavallo di scope: in questo spettacolo di burattini oversize, Caparezza si muove come un animale da show, saltando e cantando tra le luci, gli strani oggetti di scena e il corpo di ballo. Un po’ Peter Pan elettronico, un po’ Mangiafuoco hip hop.

In questa coloratissima orgia di cultura pop, il cantante pugliese non rinuncia a raccontare la nostra epoca e le battaglie dei nati dagli anni ’70 in poi. Le stilettate sono tante: dal ricordo dei 40 anni dal ’68 – “ma se parliamo di libertà, l’aria che tira sembra quella del 1868” – alla religiosità dell’Arcangelo Michele, che nei dipinti sconfigge Lucifero in modi sanguinosi e violenti: “ci credereste che è un’ icona cristiana?!”.
Caparezza racconta le ansie dei millennial in musica, come Zerocalcare lo fa con l’inchiostro. Su “Goodbye Malinconia” canta dentro a grande ruota per criceti: “non sembra anche a voi, a volte, di correre e sforzarvi tanto per ritrovarvi sempre nello stesso posto?”. La libertà è un tema costante: un desiderio, una ricerca incessante e viscerale, che rischia di non arrivare mai.
“Nessun artista è davvero libero” racconta sul palco. “Io per esempio vorrei togliere un brano dalla scaletta, ma non posso. Vivo per il giorno in cui non sarà più necessario suonare Vengo Dalla Luna…”
Non è un caso che il pubblico del concerto fosse così variegato: dai cinquantenni che cercano ancora un buon sound, ai trentenni che hanno vissuto più o meno nello stessa forgia culturale di Capa, fino ai ventenni e ai teenager che apprezzano l’energia e l’ironia dell’artista.

Con Caparezza lo Stupinigi Sonic Park si avvia a una chiusura in grande stile, ma non solo: un festival così dinamico e con degli artisti così validi ha generato una brezza culturale frizzante per valorizzare una delle regge sabaude più belle – ma lasciate un po’ in ombra rispetto a Veneria – portando una bella energia nella periferia sud di Torino, lasciata nell’indifferenza per anni.
Il pubblico ha accolto Caparezza così calorosamente, da meritarsi il suo applauso:
“Siete stati di un’energia incredibile! Sono lusingato che siate venuti così in tanti a vedermi. Siete voi lo spettacolo! Grazie!”
Probabilmente hanno capito tutti che vedere un suo live equivale a seguire uno dei suoi consigli migliori:
“devi fare ciò che ti fa stare bene”.

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