“
#RisorseUmane” è il disco d’esordio di
Mosè Santamaria in uscita il 4 dicembre per
Dischi Soviet Studio. Mosè Santamaria è un cantautore che ha ascoltato tanto Franco Battiato e Juri Camisasca, ma non è che ha creduto proprio a tutto quello che gli dicevano. Poi ha letto Jodorowsky, Gurdjeff e gli Esseni e a questi (forse) ha creduto un po’ di più.
Ad un certo punto della sua vita avrebbe potuto pure diventare un eremita, invece ha deciso di fare un disco pop,
un disco pop da cantautore cosmico, e di intitolarlo “
#RisorseUmane”.
Un lavoro che viene anticipato in questi giorni dal singolo “I love you Marzano“, una canzone ironica “sugli anni dell’adolescenza, dei due di picche, dei film di Jodorowsky, della ganja, degli sciamani, della fame di sapere e di quella tendenza a unire gli opposti o decontestualizzare ciò che è normale per trasformare la realtà in un’esperienza extrasensoriale”. Ad essa Mosè ha abbinato un videoclip ispirato al film “El Topo“, che mette in scena un vero e proprio atto psicomagico ed è stato ambientato nei luoghi dove Pier Fortunato Zanfretta (citato nel testo del brano) raccontò di essere stato rapito dai rettiliani.
“#RisorseUmane” Mosé Santamaria l’ha affidato alle mani esperte di Martino Cuman (Non Voglio Che Clara) e insieme a lui l’ha rivestito di chitarre, piano e di intelaiature elettroniche ricche di beat digitali, synth analogici, squarci astrali; sebbene “#RisorseUmane” lo potresti suonare dall’inizio alla fine solo con la chitarra acustica.
Perché in fondo le canzoni di Mosé Santamaria stanno sempre in bilico sui limiti che separano i generi, le influenze, gli immaginari e le percezioni più disparate. Si nutrono dell’ambiguità lucente e ironica di chi sta sui confini e li percorre in ricerca di sé con un sorriso di scherno sempre pronto ad essere sfoderato.
Sono canzoni mistiche quelle di Mosè Santamaria, ma di un “misticismo quotidiano” – come ama definirlo lui – che guarda al cosmo di cui siamo fatti, alla terra madre generatrice e pure al bar dello straPaese italiano. Sono tracce ambientate in provincia ma anche a Genova, che per Mosè è una specie di Gerusalemme, una città esoterica invasa dai centri commerciali dove il mare non si vede più e nessuno va a trovarlo. E poi citano la poesia ma anche l’immaginario più popular, sono serie ma anche terribilmente sarcastiche, hanno una loro leggerezza ma quando non lo diresti ti porgono una verità che è interamente tua.
Questa sua verità Mosè non la cala dall’alto, non ha nulla di new-age, anzi. E’ un’esortazione a tornare ad essere “#RisorseUmane”, a “risorgere” e convertirsi da unità produttive-consumatrici a esseri cosmici, svegli, radicati nel qui e ora della materia. E’ un invito a tornare uomini e quindi ad essere “Come gli dei”.
Del resto alla domanda se questo cantautore pop cosmico ci fa o ci è noi non possiamo fare altro che rispondere che Mosè Santamaria molto semplicemente va. Anzi vaga: “E vagheremo come milanesi in vacanza / Per il Porto Antico alla ricerca di una terra santa / Con la speranza che un Giuda Sincero / Da Sotto Ripa ce la benedica / Tra un bicchiere di vino e un panino, / come gli dei”.
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